lunedì 15 febbraio 2010

UNA COPPIA SPOSATA SU TRE SI SEPARA

Si rassegnino i romantici: la formula del «finché morte non vi separi» sembra non funzionare più e ogni tre matrimoni celebrati uno finisce con una separazione. A dirlo sono i dati più aggiornati a disposizione (quelli del ministero della Giustizia, relativi al primo semestre 2009): quasi 300 coppie sposate ogni mille chiedono la separazione, soprattutto consensuale. E a questa media bisogna aggiungere i 234 divorzi richiesti nel frattempo. Ma qui la crisi era iniziata già da un pezzo.I dati sulle separazioni presentano forti differenze se si scorre la cartina dell'Italia. Nel Centro-Nord ci si separa di più che al Sud; la regione che fa registrare il tasso maggiore di crisi è il Piemonte (associato alla Valle d'Aosta nella rilevazione) con 418 istanze di separazione ogni mille nozze; mentre i più fedeli risiedono in Basilicata (138 domande ogni mille matrimoni).
Sociologi ed esperti si interrogano sulle cause. La ragione principale è il mutamento della società: «L'idea della separazione è entrata a far parte del senso comune collettivo», spiega Grazia Cesaro dell'Unione nazionale camere minorili. Anche l'emancipazione femminile ha aiutato il processo. «Le donne non hanno più paura di separarsi – aggiunge Bruno Schettini, docente alla Seconda università di Napoli –, hanno più indipendenza economica e meno timore di affrontare la vita senza un compagno».
Secondo Marco Albertini, ricercatore in sociologia dei processi culturali presso l'università di Bologna, il trend delle separazioni è dovuto anche al fatto che «in Italia le coppie hanno iniziato a separarsi più tardi rispetto al resto d'Europa. Ci si sposa ancora molto, mentre nel Nord-Europa si preferisce la convivenza».Mettere fine a un matrimonio, però, non è mai facile. Ci vogliono quattro anni per divorziare, se i coniugi sono d'accordo, che diventano sette se l'intesa non c'è e il percorso diventa giudiziale. Senza considerare i costi di una separazione che, secondo Grazia Cesaro, «porta sempre a un impoverimento, dalla necessità di un'altra casa all'assegno di mantenimento».Quando la coppia scoppia, la cosa più importante è la tutela dei figli, soprattutto se minori. «Chi si separa dovrebbe per prima cosa tenere conto del bene della prole – dice Laura Laera, presidente dell'Associazione dei giudici della famiglia e minorili (Aimmf) –. Bisognerebbe lavorare per sviluppare una cultura della conciliazione contro quella del conflitto, e le istituzioni dovrebbero farsene carico, anche attraverso strutture di tipo sociale». Per questo, molti pensano che il futuro delle separazioni passi per i centri di mediazione familiare perché, secondo Valeria Riccio, consulente tecnico del Tribunale di Napoli, «il sistema giudiziario da solo non è in grado di affrontare la coppia e la famiglia disfunzionale. Servono centri per le famiglie in difficoltà che abbiano funzioni terapeutiche e di sostegno».

sabato 13 febbraio 2010

LA SINDROME DEL CUORE SPEZZATO

Se il cuore – inteso come organo – ha ormai pochi misteri per i medici, sul cuore – inteso come sentimenti – la scienza brancola piuttosto nel buio. Lo dimostra la "sindrome da cuore spezzato", una sorta di infarto simulato che porta le sue vittime al pronto soccorso con respiro corto, petto dolorante e diagnosi – all´apparenza – univoca. Ma quando tutto farebbe pensare a un attacco di ischemia, l´esame delle coronarie dimostra che nei vasi il sangue scorre senza problemi. I farmaci usati normalmente negli infarti non funzionano. E in tre casi su quattro si scopre che il paziente era appena stato travolto da un dolore o un´emozione fortissima. A quel punto, basta un giorno o due affinché il cuore-sentimento faccia defluire l´ondata di shock e il cuore-organo torni a battere come se nulla fosse avvenuto.
"Una sindrome in cerca di riconoscimento": così il cuore spezzato è stato definito pochi giorni fa dal congresso della Società francese di cardiologia. Un articolo del Wall Street Journal lo descrive come un infarto vero e proprio, scatenato da un´emozione anziché da un´arteria ostruita. I giapponesi - i primi a descrivere la sindrome nel 1991 - ricorsero al vocabolario dei pescatori e battezzarono il "cuore spezzato" con il termine tako-tsubo: una tradizionale trappola per polpi a forma di palloncino.Durante un attacco di tako-tsubo infatti il ventricolo sinistro cambia forma e diventa simile alla trappola per polpi. L´elettrocardiogramma è molto perturbato, il cuore non riesce a dare propulsione al sangue, la pressione crolla e l´ossigenazione dei tessuti scende sotto la soglia di allerta. I motivi di preoccupazione non mancano. Eppure nel 98% dei casi la sindrome passa da sola o quasi. Se ne va trascorrendo per strade tanto misteriose quanto quelle da cui era arrivata.Il fatto che nove su dieci, fra le vittime del tako-tsubo, siano donne e che tre volte su quattro la crisi sia preceduta da una notizia dolorosa (quasi sempre la morte del marito o di un altro parente stretto) ha messo i medici sulla pista del sistema nervoso simpatico. Ma nelle casistiche di pazienti della letteratura scientifica si incontrano anche un uomo caduto in un lago sbattendo la testa e persone che hanno subito un divorzio, perso i soldi al casinò, hanno dovuto imparare l´uso di un nuovo software al lavoro, si sono trovate di fronte a un incendio o sono state costrette e a tenere un discorso in pubblico.In tutti questi casi, si sospetta che il sistema simpatico abbia iniziato a produrre una cascata d´adrenalina che ha inondato il cuore mandandolo in tilt. A differenza dell´attacco di panico, che colpisce di preferenza le ragazze, le vittime favorite della trappola per polpi sono donne dopo la menopausa, che in precedenza non avevano mai avuto problemi di elettrocardiogramma e probabilmente non ne avranno più neanche in futuro.
(Febbraio 11, 2010)
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