lunedì 11 ottobre 2010

UN TEST PER SCOPRIRE QUANTO DURERA' UN AMORE

SETTE anni fa Beigbeder Frédéric distrusse l'orizzonte cuoriforme degli innamorati dando alle stampe il bestseller "L'amore dura tre anni" (Feltrinelli, 139 p.). Nel suo libro lo scrittore e pubblicitario francese dimostrò, tra statistiche, biochimica ed esperienza personale, come l'innamoramento somigli più a un vasetto di yogurt che a un calice d'ambrosia, e abbia una data di scadenza. Se le sue conclusioni vi sono sembrate esagerate, preparatevi a quelle dell'ultimo studio dei ricercatori dell'università di Rochester, pubblicato sulla rivista Psychological Science: secondo il team dello psicologo Ronald Rogge, che ha condotto l'indagine, l'amore non solo ha una scadenza, ma è possibile stabilire quando gli innamorati si diranno addio. Gli annales delle storie d'amore pullulano di relazioni in cui apparentemente tutto fila liscio ma che poi scoppiano perché uno dei due, senza rendersene conto, comincia a non sentirsi felice come prima. Lo studio del professor Rogge è partito da qua, arrivando a sviluppare un test che fa venir fuori i "dubbi inconfessabili" e permette di calcolare quanto resta al cervello prima di sbottare e metter fine alla relazione.

Il test fa in modo che i componenti delle coppie rivelino ciò che pensano reciprocamente senza rendersene conto, così da dare risposte spontanee. Il risultato permette di comprendere se, nel profondo, c'è qualcosa che non va. Gli esami condotti fino a oggi su questo argomento, spiegano i ricercatori, si basavano sul chiedere direttamente alle persone un giudizio sul proprio partner, dando vita a risposte razionali e controllate, e quindi poco rivelatrici. "La difficoltà principale in una coppia - spiega Rogge - è che il rapporto presuppone che entrambi i componenti della coppia siano felici, ma non sempre è così. E spesso molte persone non vogliono ammettere che stanno iniziando a sentirsi meno bene all'interno del rapporto".

Lo studio è durato 12 mesi e ha coinvolto decine di coppie per un totale di 222 volontari felicemente fidanzati o ammogliati. Tutti sono stati sottoposti a due prove: nella prima uomini e donne dovevano premere la barra della tastiera quando vedevano comparire su un monitor combinazioni tra parole positive e sostantivi da loro stessi collegati al partner, mentre nella seconda dovevano premere quando comparivano combinazioni tra parole negative e altre da legare al compagno. L'obiettivo dell'esperimento era quello di andare a stimolare reazioni automatiche, così da ottenere risposte immediate e dettate esclusivamente dall'inconscio. I risultati hanno mostrato che i volontari che hanno trovato più facile svolgere il secondo esercizio, associando al proprio partner parole negative e azioni difficili, avevano probabilità sette volte più alte di separarsi entro l'anno successivo. "Ciò che mi ha emozionato di più - spiega il professor Rogge - è che il nostro test è riuscito a interpretare lo stato di salute delle relazioni molto meglio delle parole dei partecipanti". La tecnica in realtà non è nuova ma è innovativo il modo in cui è stata utilizzata e l'interpretazione che è stata data ai risultati. Finora, infatti, test come questo sono stati usati per individuare pregiudizi legati al razzismo o fobie nascoste, ma mai per stabilire le possibilità di durata di una relazione.

Non tutte le storie d'amore, comunque, sono destinate a finire. Un altro studio americano, pubblicato sulla Review of General Psychology, spiega infatti che la coppia può conservare il sentimento dei primi tempi, definito dagli scienziati "un mix di intensità, coinvolgimento e chimica sessuale", anche nei rapporti duraturi. Gli ingredienti fondamentali sono comprensione e condivisione, ammettendo cosa va e cosa no. Secondo lo psicologo Roberto Cavaliere, esperto di problematiche legate alla coppia e responsabile del sito Maldamore.it, il test messo a punto dall'università americana va utilizzato come strumento di prevenzione. "Nella società di oggi siamo abituati a non usare i pezzi di ricambio, a gettar via una cosa quando non ci va più bene - spiega - Le coppie, per vari motivi, stanno perdendo la capacità di recuperare e riparare ciò che non va. Questo test potrebbe servire per aiutare due che si amano a non arrivare al punto di non ritorno". L'esperto spiega che spesso si arriva alla terapia di coppia quando ormai non c'è più nulla da fare, e quello che manca è soprattutto un percorso di elaborazione personale. "Lo studio americano - continua Cavaliere - mette in evidenza come spesso chi ha un problema col partner non riesca a identificarlo, né tanto meno a confessarlo. A volte è difficile ammetterlo a se stessi, figuriamoci alla persona che ci sta accanto. Ma un percorso di autoanalisi è fondamentale. Solo dopo aver capito cosa ci da fastidio potremo affrontare il problema". A quel punto, conclude lo psicologo, l'ultimo step è quello del dialogo: "La comunicazione è fondamentale. Senza, non c'è battaglia che possa essere vinta o relazione che si possa riparare".

Una posizione in linea con quella di Bauman Zygmunt, che nel suo "Amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi" (Laterza, 219 p.) sintetizzò l'universo delle problematiche amorose spiegando che non c'è nulla di programmabile in esse, se non la loro precarietà. Già nel 2003 il sociologo e psicologo polacco aveva definito l'amore "un prestito ipotecario fatto su un futuro incerto e imperscrutabile", arrivando con anni di anticipo a conclusioni poi confermate da studi scientifici come questo: nel solco della convinzione che l'unico modo per prevedere il futuro di una relazione sia viverla.

mercoledì 6 ottobre 2010

CHI SI SOMIGLIA SI PIGLIA

Che i detti popolari abbiano un fondo di verità è un sentore comune. Un gruppo di ricerca della statunitense Michigan State University ha indagato quale possa essere il fondamento del chi si somiglia si piglia.

Secondo lo studio pubblicato su Personality and Individual Differences se due partner alla lunga si assomigliano, non è perché lo stare insieme faciliti l’allineamento di gusti e personalità, ma perché i due, già in fase di scelta, condividevano interessi e inclinazioni.

Una teoria che contrasta con la scuola di pensiero secondo cui gli opposti si attraggono. Come spiega Mikhila Humbad, dottoranda in psicologia clinica: «Ricerche condotte in precedenza mostrano che due sposi sono più simili rispetto a uomini e donne presi a caso all'interno di un gruppo di persone. Questo potrebbe dipendere dal fatto che dopo le nozze i due partner si influenzano l'un l'altro, oppure dal fatto che già prima del matrimonio si somigliavano e che per questo si sono attratti. Il nostro obiettivo era proprio quello di capire quale delle due ipotesi trova maggiore riscontro nella realtà».

Gli studiosi hanno analizzato dati relativi a 1.296 coppie di coniugi, coinvolte in un’indagine del Minnesota Center for Twin and Family Research. Gli scienziati sono giunti alla conclusione che gli effetti da livellamento nel matrimonio sono molto sopravvalutati. Secondo la Humbad «Sposare una persona che ci somiglia aumenta le probabilità di trasmettere ai figli i tratti più caratteristici della personalità, comuni ai due partner».

FONTE http://www.sanihelp.it/news/11255/studio-amore-si-somiglia-si-piglia/1.html
 
PER APPROFONDIMENTI http://www.maldamore.it/scelta_del_partner.asp

IL MARITO SI SCEGLIE IN BASE AL PROPRIO PADRE

Quante volte abbiamo sentito dire che noi donne scegliamo il nostro uomo secondo caratteristiche riconoscibili nei nostri padri? Fino ad ora sembrava essere solo frutto di un mix tra saggezza popolare da una parte e psicologia freudiana dall’altra. Certo i tratti comportamentali dei nostri genitori possono essere il frutto di un nostro modo di scegliere o meno un uomo: chi ha un padre violento può cercare un partner altrettanto violento; al contrario chi ha avuto un padre poco presente, cercherà un uomo più grande e dallo spiccato senso di protezione. Ora sembra esserci qualcosa di più.
Tuttavia uno studio condotto dalla University of Pecs in Ungheria avrebbe dimostrato che le donne tendono a scegliere partner somiglianti ai loro padri, sì, ma soprattutto nell’aspetto fisico. La medesima osservazione vale inoltre al contrario: anche gli uomini cercherebbero donne che somiglino fisicamente alle loro madri.
La spiegazione di questo fenomeno sarebbe da ricercare nel fatto che in quanto esseri umani, abbiamo impressi nella mente i tratti dei nostri genitori fin da piccolissimi, e che questi tratti sono per noi sinonimo di qualcosa se non di rassicurante, di molto importante, che ci spingerebbe poi a ricercarli continuamente anche crescendo, nella vita fuori casa. Insomma il tutto si spiegherebbe a causa di un imprinting presente nella psiche di tutti noi.

articolo completo al seguente indirizzo http://oggisposi.tgcom.it/wpmu/2010/10/04/il-marito-si-sceglie-in-base-al-proprio-padre-uno-studio-segue-la-tesi-freudiana/

per approfondimenti http://www.maldamore.it/scelta_del_partner.asp

COME GLI UOMINI SCELGONO LA PROPRIA DONNA

Qual è la prima cosa che un uomo osserva quando cerca una compagna, il corpo o il volto? Secondo una ricerca apparsa sulla rivista Evolution and Human Behavior, la risposta è legata al tipo di relazione che l’uomo ha intenzione di intraprendere.



Se l’uomo è alla ricerca di un rapporto stabile e duraturo, infatti, tenderà a osservare maggiormente i lineamenti del viso femminile, mentre se è alla ricerca di un rapporto “mordi e fuggi” darà più importanza alle curve. “Le priorità di un uomo cambiano a seconda di cosa cerca in un rapporto”, conferma Jaime Confer, ricercatore presso l’Università del Texas ad Austin e coautore dello studio. Il corpo di una donna fornisce validi indizi sulla sua fertilità mentre il viso è indicatore del valore riproduttivo a lungo termine. Secondo i ricercatori, pertanto, i risultati dello studio suggeriscono che gli uomini in cerca di una relazione breve sono più psicologicamente propensi a cercare partner più fertili e in grado di dare alla luce un figlio in breve tempo.



Jaime Confer e i colleghi hanno mostrato a 375 studenti del college una serie di volti e corpi di donne, presentate come potenziali partner a breve o a lungo termine. Per ogni fotografia, gli studenti potevano scegliere se visualizzare il fisico o il volto della donna, ma mai le due parti del corpo assieme. Come risultato, il 25% dei giovani chiamati a valutare le donne come potenziali compagne a lungo termine osservava il fisico, che veniva invece osservato dal 51% dei ragazzi che erano chiamati a scegliere una compagna a breve termine.



Come ulteriore ricerca da effettuare in futuro, i ricercatori sono intenzionati a chiedere ai giovani di valutare la bellezza del volti e del fisico di alcuni potenziali rivali in amore. Ciò potrebbe rivelare se gli uomini e le donne si sentono più minacciati da un (o una) rivale più attraente di volto piuttosto che di fisico.