lunedì 15 settembre 2008

SPOSI D'UFFICIO - COPPIE SOLO DI SCRIVANIA

MILANO - Il primo si chiamava Roberto. Poi è stata la volta di Luciano e Stefano e Paolo e Antonio... E’ finita perché se ne sono andati. O hanno fatto carriera. E non c’erano motivi perché le cose andassero avanti. «Sposi» d’ufficio con i quali passi più ore che con lo «sposo» di vita. Così li chiamano gli americani.
E’ il nuovo trend fra le scrivanie. Nulla a che vedere con storie di amore e (o) sesso (poco più che in stallo e non è una novità). Un po’ compagno di banco, un po’ amico del cuore. Lo «hanno» ormai il 32 per cento dei dipendenti Oltreoceano. Fonte: una ricerca della specializzata Vault. Già definiti, da una società di consulenza, anche i paletti, della scoperta figura: deve essere un pari-grado, nessun coinvolgimento fisico (al massimo un platonico corteggiamento) e tutto alla luce del sole alla faccia dei pettegolezzi.
Tre caratteristiche e altrettanti vantaggi: alle donne queste amicizia infondono nuove sicurezze, danno slanci al rendimento e trasmettono buon umore. E qui già le «spose» nicchiano. Lucy Kellaway, editorialista del Financial Times, fa la conta degli «ex» - sei in tutto, ora è single d’ufficio ed è caccia - li ritrova nell’identikit ma assolutamente non nei «benefici»: mai serviti per la carriera, solo all’umore. «Avere uno sposo in ufficio - scrive - ti rende più felice». Con loro parli di tutto (dal gossip ai problemi), ti confronti, vai a mangiare un panino, ridi, litighi.
E quando tutto finisce, ognuno per la sua strada: «Sono compagni di viaggi più o meno lunghi. E capita che sei così contenta che ci sia quel collega in ufficio che al mattino preferisci andare prima per far colazione con lui. Percorsi paralleli che possono anche prendere itinerari diversi - racconta una poliziotta che per regolamento non può dare nome e cognome - spesso, nel nostro lavoro, perché cambiamo sezione o città. O perché ci sono le carriere. E non puoi chiedere a un capo che mantenga con te un rapporto in esclusiva come quando ero un tuo collega. Il suo ruolo vuole che si divida con tutti. Non sarebbe giusto».
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domenica 14 settembre 2008

PSICOBIOLOGIA DELL'AMORE

Perché scegliamo un partner al posto di un altro? Quali sono le caratteristiche fisiche, psicologiche e comportamentali che deve avere un partner per essere attraente? Ed ancora: cosa vogliamo da questa relazione? Se desideriamo un rapporto intenso e gratificante siamo disposti ad affrontare nuovi assetti relazionali che potranno trasformarci profondamente o stiamo invece cercando di mettere in atto un semplice copione di accoppiamento e mantenere il più possibile inalterato il nostro attuale stile di vita? Negli ultimi anni la ricerca scientifica sta cercando di comprendere la neurobiologia dell’amore, il senso profondo che orienta l’essere umano verso l’accoppiamento ed il legame affettivo Nel 1980 lo psichiatra Michael Liebowitz ha individuato nell’amore due stadi fondamentali: l’attrazione e l’attaccamento. Mentre nella prima condizione dominano le emozioni finalizzate alla costituzione della coppia (desiderio, piacere, esaltazione, speranza ma anche paura di perdere l’oggetto d’amore, l’attenzione focalizzata, la sensibilità estrema agli atteggiamenti dell’altro fino alla gelosia morbosa ed ingiustificata), mediate verosimilmente dai circuiti dopaminergici deputati a rappresentare le emozioni in risposta a stimoli edonici, nel secondo stadio è prevalente la sensazione di benessere, sicurezza e attaccamento associata alla liberazione di altri neurotrasmettitori, come endorfine o ossitocina.
Ma ci vorrà molto tempo prima che ci spieghi perché a stimolare quei neuroni e a liberare quei neurotrasmettitori sia quel particolare uomo o donna e non altri”. In una prospettiva psicologica, l’attrazione si realizza perché il nostro vissuto ci rende sensibili precisamente ai segnali di una determinata persona e non a quelli degli altri. “Lo stile affettivo acquisito durante l’infanzia tende ad orientare le relazioni successive e non è una fatalità che pietrifica l’amore - scrive lo psichiatra Boris Cyrulnik nel volume divulgativo “Parlare d’amore sull’orlo dell’abisso” (Frassinelli) - la coppia costituisce il luogo delle interazioni e il momento propizio dove rielaborare i propri apprendimenti”. E’ inoltre possibile osservare lo stile di attaccamento della coppia e l’adattamento reciproco in base alla modalità di dialogo. In accordo a quanto osservato da Paul Watzlawick in “Pragmatica della comunicazione umana”, “in ogni comunicazione i partecipanti si danno a vicenda delle definizioni della loro relazione, o per dirla con più precisione, ciascuno cerca di determinare la natura della relazione”. Le coppie con un attaccamento sicuro comunicano armonizzandosi a vicenda, come in una danza comportamentale e verbale “dove ognuno, attento al corpo e alle parole dell’altro, ascolta ciò che dice e lo guarda parlare - continua Cyrulnik - percepisce facilmente i suoi segnali corporei, e lo sguardo improvvisamente orientato verso l’interlocutore a indicare che sta per cedergli la parola. Al contrario, le coppie con un attaccamento insicuro-preoccupato mostrano durante le loro interazioni una instabilità psicomotoria e frequenti interruzioni ai discorsi dell’altro, con intromissioni di elementi o persone estranee al contesto: “queste coppie rispondono alla sensazione che l’altro suscita in loro, non si armonizzano con il partner - spiega lo psichiatra - lo interrompono per timore di essere dominati, o semplicemente perché non tengono conto del mondo mentale che l’altro cerca di esprimere”. Infine i partner di coppie con attaccamento disorganizzato sembrano perdere il contatto l’uno con l’altro, comunicando con gesti imprecisi, parole dette a sproposito o silenzi imbarazzanti. Vediamo cosa succede quando si incontrano una donna ed un uomo con due stili di attaccamento e comunicativi diversi. Lei è una giornalista, attraente e gentile - la gentilezza e cultura le permettono di regolare la distanza tra sé e gli altri - intervista preferibilmente al telefono o anche per e-mail, frequenta uomini evitanti quanto lei con i quali discute di argomenti culturali, intervallandoli con qualche episodio di sesso, senza raggiungere una vera intimità emotiva. Lui è un medico, fisico sportivo e sguardo seduttore, un matrimonio fallito alle spalle, un “professional single” che non vuole sentirsi solo ma non vuole nemmeno formare una coppia. Si incontrano occasionalmente in palestra. Scatta subito un’attrazione reciproca. Ognuno ripete il suo copione: lui la tocca prima di tutto con lo sguardo. Poi si avvicina parlando; le parole servono a creare una prossimità fisica. Non ha fatti i conti con l’atteggiamento evitante di lei che è capace di respingere anche un uomo che le piace. Lei parla di un articolo che sta scrivendo. Gli dà il suo indirizzo e-mail. In qualche modo vorrebbe trasformarlo in un uomo a distanza anche se è a pochi passi da lei. Impossibile. Lui non è uno dei soliti intellettuali che è abituata a frequentare e lei non è una delle sue solite conquiste. Per andare d’accordo, ognuno dovrà cambiare qualcosa di se stesso e dell’altro, diventare il terapeuta dell’altro, inventare un nuovo modo di amare che non è la somma dei due stili di attaccamento, ma qualcosa di nuovo che accordi dolcezza e passione. Quello che Cyrulnik definisce “coniugazione affettiva”…
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UN DECIMO DI SECONDO PER IL COLPO DI FULMINE


PRINCETON - Basta un decimo di secondo per un colpo di fulmine. È sufficiente questa piccolissima frazione di tempo, infatti, per decidere se una persona merita la nostra fiducia, ci attrae, ci appare leale o, al contrario, faremmo meglio a stargli alla larga. Un decimo di secondo, dunque, per farsi un'idea di chi abbiamo di fronte basandoci sui tratti somatici del suo volto. A sostenerlo è una ricerca condotta da due psicologi della universitá di Princeton, pubblicata a luglio scorso su Psychological Science. I due studiosi hanno mostrato a un campione composto da 200 partecipanti volti diversi chiedendo loro di osservarli per tempi differenti che si aggiravano tra i 100 e i 1.000 millesecondi. Così hanno potuto osservare che bastava un decimo di secondo perchè le persone sviluppassero un'impressione, positiva o negativa che fosse. Attraverso vari test, in cui variavano i tempi di esposizioni alle immagini, i ricercatori hanno potuto osservare che il giudizio maturato in un battito di ciglia, non variava di molto concedendo qualche istante in più al volto proposto. Semmai ad aumentare era la convinzione che la prima impressione era proprio quella giusta. 30 agosto 2006

LE DIVERSE RISPOSTE AL TRADIMENTO

Lui, lei, l’altro. Oppure lei, lui, l’altra. Si tratta del tipico triangolo amoroso, che abbiamo visto in mille storie o magari anche sperimentato nella nostra vita, come protagonisti o come vittime. Tradire è una brutta cosa, ma molto più frequente di quanto si possa immaginare. Ciò che però cambia è la modalità con cui uomini e donne reagiscono al tradimento, una volta che questo viene scoperto. Lo studio, del professor Felson, psicologo della State University of New York, va proprio a definire come la gelosia si esplichi tra uomo e donna, vittime di un tradimento. L’uomo, per lo più, ha un atteggiamento aggressivo nei confronti del rivale in amore: il primo pensiero è quello di farla pagare all’altro. Le donne, invece, se la predono con il marito fedifrago o il compagno infedele, piuttosto che con l’altra, nei confronti della quale provano un moto di empatia, perché si sentono in fondo coinvolte nello stesso problema, cioè dividere uno stesso uomo che si è dimostrato inaffidabile. La ragione di queste due diverse modalità di comportamento risiede probabilmente nel ruolo sociale che uomini e donne hanno sempre avuto, fin dalla notte dei tempi. Il maschio, per proteggere la propria leadership nel branco, deve infatti affrontare i giovani pretendenti al suo trono. Le femmine, invece, che sentono la necessità di essere protette da una figura affidabile, finiscono con il rimproverare all’uomo non tanto la scappatella in sé (almeno non consapevolmente) quanto il tradimento della fiducia legata al progetto di vita in comune. Per contro le femmine che tradiscono hanno già disinvestito rispetto alla capacità del maschio di difenderle e renderle felici. Gli uomini che tradiscono assecondano il loro istinto per cui cercano di assicurare i loro geni per la perpetuazione della specie.
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L'AMORE E' CIECO ?

L'amore è cieco, si dice. Ma la verità è che rende ciechi. Se una persona è molto innamorata del proprio partner guarda le altre persone ma non le vede, perché il livello di attenzione nei confronti del mondo esterno è più basso. Lo ha dimostrato una ricerca della Florida State University i cui risultati sono apparsi sull'ultimo numero della rivista Evolution and Human Behaviour. La ricerca è stata condotta su due gruppi di studenti, uno composto da persone che si sono dichiarate innamorate e l'altro da persone libere da gioghi sentimentali. Ai partecipanti allo studio sono state mostrate delle immagini di persone attraenti e immediatamente dopo delle immagini geometriche da riconoscere; questo test serve per individuare il livello di attenzione di un soggetto. Il gruppo degli innamorati riconosceva prima e con più esattezza le figure geometriche perché in grado di concentrarsi meglio; il gruppo dei single invece, troppo distratto dalla bellezza delle foto, ha riconosciuto cerchi e quadrati con troppa lentezza. Secondo i ricercatori questo avviene perché chi è innamorato guarda ma non vede le altre persone. L'amore incondizionato verso un'unica persona e il contemporaneo calo di attenzione nei confronti della altre sarebbe una strategia evolutiva sviluppata per riuscire a costruire un rapporto solido che faciliti non solo la preservazione della specie ma soprattutto che garantisca la cura della prole. In altre parole, il cervello non presta attenzione alla bellezza degli altri uomini o donne che si incontrano nell'arco della giornata per evitare di disperdere energie. Una sorta di castrazione mentale o privazione autoindotta, o un aiuto del cervello alla volontà alla quale la carne, che è debole si sa, probabilmente si piegherebbe.
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PER L'UOMO IL SESSO E' UN CHIODO FISSO

Si sa, per l’uomo il sesso è un chiodo fisso. Fino a questo momento si pensava che la ricorrente attenzione maschile per la sfera sessuale dipendesse soprattutto dagli ormoni: ora invece la scienza ha scoperto che la colpa di questo “tarlo” dipende soprattutto dalla conformazione del suo cervello. Insomma, c’è del vero nello stereotipo che vuole il maschio tutto donne e motori, anche se con qualche precisazione, anche a sorpresa. Eppure, pur essendo un elemento assiduo e assillante, la passione maschile è del tutto cieca: davanti a una donna, i livelli di testosterone si "impennano" indipendentemente dalla bellezza o meno della fanciulla in questione. Gli esperti sono giunti a queste conclusioni grazie a due diversi studi: il primo, dedicato alla conformazione del cervello maschile, è stato pubblicato sulla rivista scientifica “New Scientist” ed è stato realizzato dagli esperti della Harvard Medical School e dell'università della California. Il secondo, invece è opera di un team olandese, per la precisione degli esperti dall'università di Groningen, ed è stato effettuato su un gruppo di giovani studenti. Secondo gli esperti americani, i cervelli dell'uomo e della donna sono diversi, sia nella conformazione che nel processo di elaborazione delle emozioni e hanno delle caratteristiche ben precise. Nell’uomo, in particolare, la parte di materia grigia che si occupa di dar vita a sensazioni erotiche e a pensieri osé è più grande e più sviluppata rispetto al corrispettivo femminile; questo è il motivo per cui i pensieri e gli stimoli sessuali sono più assidui e frequenti per lui che non per lei. Il cervello “in rosa”, invece è maggiormente dedito al processo decisionale e alle emozioni.

E questo “gap” di genere, non si ferma qui: fra maschi e femmine è diversa persino la percezione delle sensazioni legate all'assunzione di droghe. Gli esperti della Harvard Medical School e dell'università della California se ne sono accorti mettendo a confronto 45 regioni cerebrali di donne e di uomini. Le differenze emerse sono di tipo anatomico, al contrario di quanto si pensava in passato, con una diversa architettura cerebrale per lui e per lei.
Lo studio olandese, pubblicato sulla rivista “Hormones and Behaviour”, dimostra invece che basta la presenza di una donna, indipendentemente dalla sua bellezza, ad accendere la passione maschile, misurata attraverso i picchi di testosterone. Come riferisce il britannico “Sunday Telegraph”, hanno partecipato allo studio 63 ragazzi tra 21 e 25 anni. Ciascun giovane, senza essere al corrente degli studi che si stavano compiendo, è stato accompagnato in una stanza con la scusa di risolvere un sudoku. Qui si trovava già una donna del tutto estranea, impegnata a risolvere un rompicapo simile. Dopo cinque minuti, gli esperti hanno constatato un aumento medio dell’8% del livello degli ormoni maschili, misurata tramite campioni di saliva. In seguito, ai ragazzi è stato chiesto un parere sull’aspetto fisico della ragazza e dalle risposte è emerso con chiarezza che la loro opinione a riguardo non ha influenzato l'aumento del testosterone. Dallo stesso esperimento è risultato che agli uomini catalogati come più aggressivi o “dominanti” i livelli di testosterone erano cresciuti ancora di più, mentre erano restati invariati quando il giovane veniva lasciato solo in una stanza con un altro uomo.
Secondo i ricercatori si tratta di una reazione automatica e inconscia che il fisico maschile mette in atto per predisporre l’uomo all'opportunità di un possibile accoppiamento. La crescita ormonale diventa visibile anche in virtù di alcuni cambi di atteggiamento che l'uomo mostra in presenza di una donna: raddrizza le spalle, guarda la donna direttamente negli occhi e gesticola molto con la mani. Spiega Leander van der Meij, che ha guidato il team di scienziati nella ricerca: “Una volta cresciuti i livelli, gli uomini possono apparire più dominanti. Per questo sono più propensi a 'esagerare' nei loro racconti per impressionare la donna. Tutti sanno che le donne sono attratte da questo, dal tipo dominante”.
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NEL DNA SI DECIDE SE ESSERE SINGLE O IN COPPIA

Basta frustrazioni amorose o eterni sospiri. E' la genetica che conta nelle relazioni affettive. La scienza dice che è tutta colpa di un gene se non funzionano le storie d’amore. Sono giustificati quindi i single incalliti. Ovviamente ci sono molte ragioni che portano alla rottura di un rapporto di coppia, ma questa è la prima volta che uno studio valuta come un gene sia associato ai fallimenti sentimentali. Le “rotture” frequenti sono causate da una piccola variazione del Dna, o meglio l'alterazione del gene che produce la vasopressina (una molecola implicata nei meccanismi di formazione della memoria, ma anche nella pressione arteriosa).La ricerca è nata per capire meglio i problemi relazionali, ed è stata condotta dall'Istituto Karolinska di Stoccolma su 550 gemelli fidanzati o sposati. Le coppie sono risultate soddisfatte o insoddisfatte a seconda che il gene fosse regolare o anomalo. Così i ricercatori hanno scoperto che a ogni variazione del gene corrisponde un modo diverso di vivere il rapporto di coppia.Hasse Walum, uno dei ricercatori, si cautela sottolineando come gli effetti di questa differenza genetica sono relativamente modesti e soprattutto non possono fare previsioni realistiche sulla propria vita amorosa. Il gruppo di studi spera che queste scoperte genetiche diano risultati utili per la vita affettiva ma anche risolvano gravi problemi relazionali come l’autismo.
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OGNI COPPIA PRESENTA UN ALTO RISCHIO DI TRADIMENTO

NON E' una buona notizia per le coppie, neonate o navigate: le probabilità di tradire il partner in una relazione, quantificate ora da uno studio canadese, sono impietosamente alte, dal 40 al 76 per cento. Un colpo per il buonumore e la fiducia o forse una presa di coscienza della realtà. Di certo, il numero ha stupito anche i ricercatori del dipartimento di psicologia dell'Università di Montreal che hanno condotto lo studio, il primo che cerchi di trovare una spiegazione scientifica per un comportamento che mette quotidianamente a rischio famiglie e unioni pluriennali. "E' una cifra molto alta" ammette la dottoressa Geneviève Beaulieau-Pellettier. Ma quello che sfugge è la motivazione 'autodistruttiva' che spinge a mettere a rischio una relazione consolidata. In particolare gli scienziati hanno cercato di capire se l'infedeltà sia collegata a una fobia dell'impegno sviluppata fin dall'infanzia, sulla quale ha un'influenza fondamentale il comportamento dei genitori in casa, che si osserva da bambini. Secondo i ricercatori, il traditore per eccellenza ha il seguente identikit: non è a proprio agio in intimità, cerca relazioni sessuali al di fuori della coppia e non si fa troppi problemi a tradire la fiducia del compagno.
.... L'infedeltà potrebbe essere una precisa strategia emotiva adottata dalle persone che hanno difficoltà di attaccamento e impegno. Tradendo, si distanziano dal partner e mantengono il loro spazio e la loro libertà, spiegano gli scienziati. Non a caso la ragione più citata dai volontari per spiegare il loro comportamento è stata proprio la volontà di distanziarsi dal compagno per evitare di sentirsi impegnati. L'unica consolazione di fronte a questo quadro è la sostanziale equità fra i due sessi: lei tradisce quanto lui. Con buona pace dei luoghi comuni. (10 settembre 2008)
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